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Protesica e disabilità: settore strategico per più fragili, ma burocrazia frena innovazione e sviluppo

Il tema è stato al centro del convegno organizzato oggi da Confimi Industria Sanità nell’ambito di Innovabiomed, in Fiera di Verona.
 Il Ministro della Disabilità Erika Stefani: 
«Maggiore attenzione da parte della politica»

Da una parte un settore produttivo composto soprattutto da piccole e micro imprese ad altissima specializzazione, dall’altra una serie di questioni normative e amministrative da anni irrisolte che ne ostacolano lo sviluppo. In mezzo i cittadini affetti dalle più diverse forme di disabilità, che trovano negli ausili prodotti da queste realtà un sostegno essenziale per la loro qualità di vita e possibilità di inclusione.

Il tema è stato discusso oggi in occasione del convegno organizzato da Confimi Industria Sanità nell’ambito di Innovabiomed, evento fieristico dedicato al networking e alle novità in campo biomedicale, organizzato oggi e domani presso il Centro Congressi di VeronaFiere, che rappresenta anche uno dei primissimi eventi fieristici in Italia a essere svolti in presenza.

«In Italia - spiega Massimo Pulin, presidente di Confimi Industria Sanità - sono circa 1.600 le imprese che operano nel settore protesico, ma i produttori effettivi sono solo una ventina. Hanno in media 7 dipendenti: si tratta di quindi soprattutto di microimprese».

Proprio alle difficoltà che queste ultime devono affrontare per restare sul mercato Pulin ha dedicato il suo intervento di apertura dei lavori: «Il nomenclatore tariffario con cui stiamo lavorando è fermo al 1999. La riforma dei LEA che era stata annunciata nel 2017 è rimasta bloccata perché inapplicabile e la parte tariffaria non è stata nemmeno mai pubblicata. Le aziende stanno lavorando con i costi bloccati da 22 anni: in questo arco di tempo però la tecnologia ha fatto progressi incredibili, senza dimenticare naturalmente gli aumenti che ci sono stati in tutte le voci di costo. Oggi quindi ancora una volta ci troviamo a discutere del nomenclatore tariffario, nella speranza che venga finalmente riformato. Costruire una protesi, un ausilio su misura per una persona che ne ha necessità, rappresenta un’attività nobile, invece in Italia vi è una scarsissima considerazione per gli operatori del settore».

Parlare di innovazione e di Made in Italy, in queste condizioni, diventa così una sfida quasi al limite dell’impossibile: «L’innovazione può portare enormi benefici nel settore protesico, ma in queste condizioni è difficile fare ricerca. Lo vediamo in particolare nel settore delle protesi robotiche, dove la produzione avviene oggi quasi esclusivamente all’estero, e non certo per scarsa capacità delle nostre imprese: per stare su quel mercato però servono risorse per gli investimenti, quindi anche una giusta marginalità, dunque tariffe adeguate, e una burocrazia che consenta di ottenere rapidamente le certificazioni necessarie per commercializzare i nuovi prodotti. Tutte condizioni che all’estero ci sono e che in Italia invece mancano. La sfida che lanciamo oggi è dunque quella di creare le condizioni per portare, o riportare, questa produzione in Italia».

Un appello che il Ministro della Disabilità Erika Stefani, impossibilitata a partecipare all’evento per impegni istituzionali, ha voluto comunque raccogliere, dando il proprio contributo ai lavori con un video-messaggio: «Il tema della robotica a supporto della disabilità è importante e necessita forse di maggiori attenzioni da parte della politica. Non posso poi non sottolineare l’importanza della ricerca: la pandemia ci ha dimostrato come ogni euro investito nella ricerca sia un euro investito nel futuro, anche nell’ottica di nuovo welfare che sia davvero inclusivo. Sui LEA dovranno essere date delle risposte e credo che occorra una grande collaborazione tra tutte le parti per un approccio realmente inclusivo nell’assistenza ai più fragili».